La prima di Onda d’Urto 2012 si tiene a Guardavalle, ridente borgo di origine medievale della riviera dei Bronzi, nella fascia Jonica reggina-catanzarese. Io, come al solito in queste occasioni, non sto nella pelle, tanto è la voglia di mulinare a cavallo della mia bici superspaziale. La mattina dell’escursione l’adrenalina in corpo si fa subito sentire, facendomi aprire gli occhi alle 4,30 e non alle 6,30, come mi ero proposto di fare la sera precedente puntando la sveglia. Vabbe’. Alle 6,45 puntuali Mimmo e Totò mi attendono con l’auto già carica delle loro biciclette. In un’altra auto ci precedono i miei due fratelli Peppe e Stefano, anche loro appassionati delle due ruote. Da San Calogero nel vibonese, partiamo alla volta di Guardavalle, tutti entusiasti di vivere una nuova emozionante avventura. Io tra parentesi, pur essendo sancalogerese, gioco quasi in casa avendo la “zzita” del posto (San Giovanni di Gerace).
Ma giunti nei pressi di Rosarno, Mimmo ha un’improvvisa illuminazione: portandosi il palmo della mano destra alla fronte esclama:”I scarpi”. Dobbiamo tornare indietro perché Mimmo ha dimenticato le scarpe a casa. Vabbe’: ritorniamo a San Calogero con la paura di non arrivare in tempo per l’escursione. Ma il timore viene ben presto fugato arrivando puntuali sul luogo di ritrovo: l’agriturismo Fassi.
Scendo dall’auto per raggiungere i miei fratelli – già sul posto con le biciclette – e durante il breve tragitto, è subito un pullulare di saluti, strette di mano e occhiate d’intesa con i vecchi cari amici bikers: Ciccio e Antonino di Melito, Pino di Stefanaconi, Maurizio di Amantea, Corrado di Taurianova, Massimo di Lamezia, Ivan di Tiriolo, Rocco di Girifalco, Salvatore di Palmi: la Calabria è ben rappresentata. Io, che, amici come loro, li vorrei incontrare tutti i giorni e non solo durante gli appuntamenti di Onda d’urto.
Faccio di corsa l’iscrizione, preparo la bicicletta e mi reco al punto di partenza, non prima di essermi messo in posa per la foto di gruppo. Osserviamo pure un minuto di silenzio per la morte del povero Piermario Morosini, calciatore del Livorno, con un passato nelle file amaranto della mia amata Reggina.
Si parte, puntando le ruote verso l’abitato di Guardavalle, città dello dodici torri e della chitarra battente. Durante il tragitto m’imbatto in altre gradite conoscenze tra le quali, quella di Domenico di Siderno che, tanto per non smentirsi in fatto di stranezze, porta appresso –mentre pedala- una seconda bicicletta. E a chiunque gli domandi che cosa se ne faccia di un secondo mezzo, risponde: “Una mi servi pa’ ‘nchianata e l’autra pa’ calata” . E qui capisci quanto ci sarà da ridere per il resto dell’escursione (si scoprirà poi, che la seconda bicicletta serviva ad un altro biker, che l’attendeva sul percorso…).
Giunti a Guardavalle, preceduti dall’auto della polizia municipale, facciamo una breve sosta in centro. I portali dei palazzi nobiliari, segno inequivocabile degli antichi fasti, si fanno molto apprezzare, inducendomi a sfoderare la fotocamera per immortalarli.
Si riparte con destinazione Bivongi. Non prima di aver guadato il torrente Assi, incastonato in una vallata spettacolare, come solo quelle di questo angolo di paradiso sanno essere. E si risale, procedendo lungo un impervio sentiero dalle pendenze vertiginose dove, non di rado si è costretti a scendere di sella. Giunti in cima ci si ricompatta col gruppo, giusto il tempo per una foto con Domenico e Stefania, per poi ridiscendere. Sulla strada mi para davanti un simpatico segugio-kamikaze che mi seguirà fino alla successiva sosta del monastero di San Giovanni Theristis, l’antico cenobio basiliano ove dimorano alcuni monaci ortodossi provenienti dal monte Athos.
Si arriva nel centro di Bivongi; ad attenderci in piazza c’è una tavola imbandita di appetitosi salumi, formaggi e dolciumi vari e, per i bikers più arditi, anche bottiglioni di rinomato rosso locale. Dopo un nanosecondo di scrupoli di coscienza, tradisco volentieri la mia rigida e ferrea dieta da “atleta”, ingurgitando voluttuosamente l’impossibile, come meglio non avrebbe fatto uno sbavante Homer Simpson di fronte ad un vassoio di ciambelle.
Appesantito del lauto pasto, ma ancora vivo, inforco la bicicletta con destinazione Stilo, città del filosofo Tommaso Campanella, definita non a torto la “ la Terrasanta del bizantinismo e del basilianesimo”. Per fortuna la salita non è molto lunga e poco dopo arriviamo al tempietto bizantino della Cattolica. La bellezza del luogo e la vista dell’imponente vallata dello Stilaro che si adagia nel mitologico mar Jonio, sono talmente abbacinanti, da paralizzarti come in una sindrome di Stendhal.
Ebbri di emozioni facciamo ritorno al punto di partenza. Il tempo di rimettere le bici in macchina, salutare frettolosamente gli amici e fare i complimenti agl’impeccabili organizzatori, che siamo già a casa. E un pensiero si fa pressante nella mia mente come conseguenza di una splendida giornata, e cioè che – come ebbe a dire Proust: “il vero viaggio di scoperta non consiste nel conquistare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”. Viva la Calabria.
Marco