Partenza da piazza Indipendenza, Lungomare Falcomatà
Di gran lunga più esteso di un chilometro (circa 1,7 km precisamente da piazza Indipendenza a piazza Garibaldi), il lungomare del centro storico di Reggio occupa l’area costiera compresa tra il porto ed il fortino a Mare (l’antico Castelnuovo nei pressi di punta Calamizzi). È costituito dalle quattro vie lungomare Falcomatà, lungomare Matteotti, corso Vittorio Emanuele III e viale Genoese Zerbi, ma tutta l’area viene generalmente identificata come via Marina.
Il fronte a mare della città è ricco di palmizi e specie vegetali estremamente variegate. Il viale è adornato da palazzi in stile liberty (molti risalenti all’ultima ricostruzione della città) tra i quali spiccano palazzo Zani, palazzo Spinelli e villa Genoese Zerbi. È inoltre arricchito da elementi che indirettamente tracciano la storia della città quali i numerosi monumenti commemorativi, una fontana monumentale ed alcuni siti archeologici a testimonianza dell’epoca greco-romana: tratti delle mura di cinta della città greca ed un impianto termale di epoca romana.
Tra il mare e la passeggiata con il parapetto e i lampioni liberty, sorge l’arena dello Stretto, teatro in stile tipicamente greco che ospita eventi culturali ed intrattenimento soprattutto nei mesi estivi; sul molo di Porto Salvo antistante l’arena sorge il monumento a Vittorio Emanuele III, che qui sbarcò toccando il suolo italiano per la prima volta da re il 31 luglio 1900.
Il lungomare di Reggio viene chiamato “il più bel chilometro d’Italia”[1], per via del miraggio della Fata Morgana, interessante fenomeno ottico visibile solo dalla costa calabra, da cui ha origine il mito per effetto del quale è possibile vedere le immagini ravvicinate della Sicilia riflesse e dal mare. La frase viene attribuita a Gabriele D’Annunzio; ma l’attribuzione è falsa. Secondo lo storico Agazio Trombetta la citazione è falsa: D’Annunzio non fu mai a Reggio e nella Biblioteca Dannunziana non risulta nulla su Reggio Calabria. Pare invece che durante la radiocronaca del Giro della Provincia di Reggio Calabria, il 27 marzo 1955, il noto telecronista della Rai Nando Martellini citò questa frase attribuendola a D’Annunzio, così come gli era stato riferito da alcuni cittadini reggini particolarmente entusiasti: sia Martellini che coloro che riferirono la frase in realtà ignoravano la reale verità.
Una volta attraversato il porto ci dirigeremo verso, I Fortini di Pentimele, vecchie fortificazioni militari, sono posti in posizione panoramica sulla città di Reggio Calabria e dominanti sullo Stretto di Messina. Essi sorgono sulla collina di Pentimele e per accedervi occorre attraversare un’angusta stradina.
Per conoscere l’origine della fortificazione bisogna risalire al 1547, anno in cui, a causa delle varie scorrerie per opera dei pirati, venne ordinata la costruzione di un castello. I lavori del castello purtroppo vennero sospesi per la mancanza di fondi e così si pensò di erigere la Torre di Reggio chiamata Pendimeri (rectius: pentimeli).
Nel 1860, con l’Unità d’Italia, le funzioni militari vennero affidate ad un sistema di fortificazioni attestato sulla prima linea collinare delle riva orientale dello Stretto. Si pensò quindi di costruire i forti di Capo d’Armi, la batteria di Punta Pellaro, i fortini collinari di Arghillà, le fortificazioni dei Piani di Matiniti e di Pentimele, che con le loro architetture mimetizzate, avrebbero assicurato la difesa, sino alla seconda guerra mondiale. In particolare, i fortini di Pentimele furono edificati intorno al 1896 come risulta da un documento presente presso l’Archivio di Stato di Reggio Calabria.
Il luogo, dopo aver per anni versato in stato di degrado, è stato recentemente oggetto di un processo di restauro e riqualificazione.
Descrizione
I due fortini di Pentimele, identici in ogni loro forma, distinti dai nomi Batteria Pentimele nord (Fortino Nord) e Batteria Pellizzeri (Fortino Sud), sono costruiti con pietre naturali e mattoni che incorniciano anche le finestre e le sommità del muro di cinta.
Il fortino Nord (in ottimo stato) presenta anche un ponte levatoio ed ha alla sua entrata due colonne rivestite da pietra calcarea arenaria, utilizzata anche per lo scolo delle acque. Entrando vi sono sulla sinistra quattro cisterne utilizzate per la raccolta dell’acqua, sempre verso sinistra vi erano gli alloggi forniti di bagno e scuderia per gli ufficiali. Sui lati si trovavano i dormitori dei soldati e nel posto più interno, due stanze (su ogni lato) adibite per il deposito delle armi. Nel soffitto vi sono due forature che permettevano il passaggio delle armi al piano superiore, dove era posto un vano che serviva da deposito.
Entrando al fortino, sulla parte destra invece, troviamo una scala che conduce in un locale sotto la zona d’ingresso, dalla quale si operava l’apertura del ponte levatoio, (nel fortino Sud, questa parte è andata distrutta).
Gli stanzoni presenti sulla destra erano adibiti a scuderia e durante la seconda guerra mondiale, furono trasformati in dormitori.
Sempre sulla destra vi è una torre a due piani, nel piano inferiore venivano gettati i prigionieri (non vi sono scale) e sorvegliati dal piano superiore. Sia sulla destra che sulla sinistra troviamo due lunghi corridoi poco illuminati con pianta rettangolare, creati di proposito per indurre in errore, l’eventuale nemico che vi accedeva durante qualche inseguimento e che non conoscendo il luogo, sarebbe finito contro un muro.
Lungo la parete dei due corridoi interni vi sono due piccole finestre da cui si poteva controllare l’esterno del fortino accorgendosi di un eventuale irruzione nemica. La zona centrale dei fortini è costituita da quattro rampe, da qui venivano trasportati i cannoni e riposti entro due fosse circolari poco profonde. Al centro del piano superiore vi era il deposito di materiale di artiglieria e per la manutenzione dei cannoni.
Curiosità
All’interno dei fortini, vi sarebbero due passaggi segreti, uno che condurrebbe
dai fortini al porto e l’altro dai fortini al Castello Aragonese. I due passaggi segreti, si troverebbero alla fine dei due lunghi corridoi interni, in cui vi si troverebbero delle botole nascoste. È molto probabile, secondo recenti ipotesi effettuate da vari studiosi locali, che vi sia un solo accesso o botola che collegherebbe tra loro i due fortini.
Tale zona intorno agli anni ’80, quando nacquero le radio private, fu invasa da decine di antenne FM che tuttora sono in funzione ad uso specialmente dei grandi network nazionali. Tale zona gode infatti di un’ottima copertura radio, che si estende da Villa San Giovanni sino punta Pellaro in Calabria, e da Messina sino Taormina in Sicilia: alcune lambiscono anche le pendici dell’Etna. Le stazioni sono visibili da ogni punto della città di Reggio Calabria e si trovano a circa 50 metri più a valle rispetto alla fortificazione sud.
Il monastero della Visitazione è ubicato su una collina che domina la città di Reggio Calabria, presso i campi di San Nicola di Ortì, ed è stato edificato appositamente per accogliere le suore dell’ordine della Visitazione,
nasce per volere delle tre sorelle Angela, Flavia e Virginia Musitano. Desiderose di consacrarsi al servizio di Dio nel silenzio e nella solitudine, guidate spiritualmente da Monsignore Stefano Morabito, Vescovo di Bova, e consigliate dal gesuita padre Fannocheri, scelsero di aderire all’Ordine fondato da San Francesco di Sales: la Visitazione della Santa Maria. La nascente comunità fu composta da dodici Sorelle che con l’approvazione
dell’Arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Damiano Polou, l’undici novembre del 1754 si stabilì nella casa delle sorelle Musitano. Nel 1755 giunse dal monastero di Palermo la Madre Giovanna Teresa de la Perouse, professa del Monastero d’Annecy, per istituire la nuova fondazione. A causa della situazione politica del tempo, però, non fu possibile alla Madre de la Perouse portare a compimento la sua missione. Solo il 13 ottobre del 1840, ad opera del Monastero di Napoli, la comunità di Reggio Calabria fu riconosciuta da tutto l’Ordine, grazie all’interesse dell’Arcivescovo Pietro De Benedetto.
Nella sua storia la comunità ha conosciuto diverse sedi: il primo monastero sito presso l’attuale Piazza Italia distrutto dal terremoto del 1908; quello della Collina del Salvatore, presso la via Reggio Campi e attiguo al santuario del Sacro Cuore e, a partire dall’8 dicembre 2005, l’attuale monastero situato presso i Campi di San Nicola di Ortì.
Il nuovo Monastero
Progettato dall’architetto siciliano Guglielmo Acciaro, il convento ha una
dimensione di 9500 m2 ed è caratterizzato da una configurazione molto semplice costituita da tre corpi che comprendono il Monastero con il chiostro centrale, attorno al quale si dispiegano i suoi ambienti, la Chiesa, la foresteria e i servizi. L’intero complesso conventuale è realizzato con una struttura in cemento armato occultata da un rivestimento in pietra che è stato lasciato a vista.
La chiesa
La chiesa, posta tra la foresteria e la clausura, si presenta semplice e austera. Formata da un’unica aula le cui pareti perimetrali sono caratterizzate dalla presenza di sei archi in pietra e da ampie finestre, ha un corpo architettonico privo di decorazioni. La navata è separata dalla parte presbiterale da un arco e da un gradino che rialza il luogo ed è caratterizzato dalla presenza di un altare in pietra, il cui fondale è una parete curva absidale decorata con un mosaico, rappresentante il Sacro Cuore di Gesù, realizzato da P. Marko Ivan Rupnik s.j. e dal Centro Aletti, dono di una persona anonima. Alla sinistra è posta la grata in ferro che divide il presbiterio dal Coro delle monache. Il soffitto è formato da grandi capriate che ben si armonizza con le pietre dei muri. Il tetto spiovente è rivestito con tegole della stessa tipologia di quelle del resto del manufatto.
La foresteria
Rappresenta il cuore del monastero. Ha la funzione di accogliere chi vuole ritirarsi per qualche giorno nel clima di silenzio e di preghiera propri di un monastero della Visitazione: persone singole o piccoli gruppi. Dispone di 10 camere a due letti, una sala incontri e un refettorio con cucina.
Costo di partecipazione: 5€ escursione
Al termine dell’escursione si potrà pranzare in loco al costo di 20€ secondo la seguente offerta:
Primo piatto: Pasta al pesce spada alla ghiotta
Secondo piatto: Involtino di pesce spada
Contorno: insalata mista
Composta di frutta
Torta
acqua e vino